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 L’apostolo S. Simone, parete ovest, Oratorio dei Carmini a Marostica.
L’apparizione della B.V. del Carmine a S. Girolamo e a S. Filippo Neri, riquadro parete sud, Oratorio dei Carmini a Marostica.
polo viene raggiunto e soddisfacentemente espresso dalle celebrazioni della Chiesa, quando questa è riuscita a integrare riti, canti, gesti espressivi in una liturgia degna. Oggi si sente il vuoto lasciato da certe pratiche di pietà che aiu- tavano a celebrare meglio il mistero di Cristo, di Maria e dei Santi lungo l’anno liturgico. Se è vero che l’Eucaristia supplisce ampiamente tutte que- ste cose e che la liturgia delle ore può offrire una preghiera qualitativamente più ricca, è altret- tanto vero che la varietà rituale di alcune celebra- zioni extraliturgiche offriva una più ampia scelta di espressioni cultuali.
L’Oratorio dei Carmini: qualche pensiero
In questo ambiente troviamo vari elementi di arte “popolare” di buon livello che - nella loro com- plessa unità - sapevano parlare al cuore dei con- fratelli e stupiscono il nostro desiderio di bellezza e di fede:
- gli affreschi che avvolgono come un cielo l’am- biente di riunione;
- la statua della Madonna: preziosa, originale e di grande impatto emotivo;
- la croce e il Crocifisso che sicuramente c’erano; - gli scanni dei confratelli che segnavano il ritmo di una riunione religiosa ordinata, dove vigeva una “democrazia” che scaturiva dalla fede. L’Oratorio è testimone di una pietà non più indivi- duale, ma è testimone di pietà collettiva, perché eretto dallo stesso gruppo sociale, che diviene anche testimone di “storia” quanto la sua erezione, la sua presenza, documenti, eventi particolari, ca- restie, guerre, malattie (pensiamo alle date e ai nomi dei confratelli segnati sugli affreschi).
L’Oratorio è rappresentativo di un certo gusto estetico, legato al momento storico, alle condi- zioni socio-economiche dei committenti e logica- mente alla maestria dei lapicidi, dei madonnari, dei falegnami e degli altri artigiani che operavano spesso con i soli mezzi “spontanei” reperiti in loco. Attraverso questo piccolo monumento alla fede, il credente entrava in sintonia col sacro ed un in- visibile filo univa divino e “profano” in una “ma- gica” continuità d’intenti. Posto sul monte,
 4. La pietà popolare ha il suo risvolto nella vita, sia privata che pubblica
Ha ancora senso portare un abito votivo, baciare un’immagine sacra, recarsi ad un santuario in pel- legrinaggio, appendere un Crocifisso alle pareti di casa o negli ambienti di lavoro, fare suffragi per l’anima di un defunto?
E qual è il loro autentico significato, in modo che sia la santità della vita a manifestarsi attraverso tali segni e gesti? Compresa, valorizzata, potenziata e assunta nell’alveo della liturgia, la religiosità popo- lare offre l’humus celebrativo necessario per un culto fervente del popolo di Dio, recupera tesori della tradizione cattolica degli ultimi secoli, scon- fessa frettolose creatività liturgiche che sono sol- tanto frutto di personalismi, senza sfondo culturale e senza radici popolari nella Chiesa.
5. Integrazione tra pietà popolare e liturgia
Si ha una feconda integrazione fra liturgia e pietà popolare quando tutto il senso religioso del po-
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